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Dolcetto o scherzetto?






                                                      



Quali sono gli ingredienti per un halloween perfetto?
 Foglie caduche, cielo grigio, qualche starnuto, fischi di vento, miagolii di gattini incappellati, lenzuoli bianchi che ondeggiano, vecchie storie che arrivano da lontano, storie lontane nel tempo e tanta, tanta magia.


Conoscenze!

 La parola Halloween ha un origine anglosassone  e probabilmente deriva da una contrazione della frase “All Hallows Eve” ovvero, la notte di Ognissanti. 



Per i Celti, popolo del Nord,  l'anno nuovo cominciava 1° novembre, quando iniziava la stagione del freddo.  Chiusi in casa, per ripararsi  dal freddo, trascorrevano le serate a raccontare storie e leggende.

Ovviamente questo era il pretesto per organizzare la vigilia del 1° novembre la festa più importante dell'anno, una sorta di Capodanno dedicato a "Samhain", una divinità considerata  Signore della Morte e  Principe delle Tenebre.

ICelti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 Ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti, che vivevano in una terra di eterna giovinezza e felicità.

In questo giorno tutte le leggi dello spazio e del tempo erano come sospese e il velo che divideva il mondo dei vivi dal mondo dei morti si faceva più sottile, permettendo alle anime di mostrarsi, di comunicare con i viventi e di divertirsi alle loro spalle, fecendo scherzi ed impaurendoli con le loro apparizioni.

In Irlanda si diffuse la tradizione di lasciare qualcosa da mangiare e del latte da bere fuori dalla porta, in modo che gli spiriti passando, potessero rifocillarsi senza scherzi agli abitanti della casa.

Durante il periodo della cristianizzazione dell'Europa, la Chiesa tentò di sradicare i culti pagani. Così, nel 835 Papa Gregorio Magno spostò la festa di Ognissanti, dedicata a tutti i santi del Paradiso, dal 13 Maggio al 1° Novembre.

Tuttavia l'influenza del culto di Samhain non fu sradicata. Tra il 1845 e il 1850, a causa di una malattia che devastò le coltivazioni di patate, circa 700.000 Irlandesi emigrarono in America, portando con sé le loro usanze, tra cui anche la  festa di Halloween.

Negli Stati Uniti Halloween ha perso i suoi significati religiosi e rituali, ed è diventata un'occasione per divertirsi e organizzare feste. L'abitudine di mascherarsi, deriva probabilmente dall'usanza celtica di indossare pelli di animali e maschere mostruose durante i riti di Samhain.

L'usanza dei bambini di bussare alle porte delle case gridando “Trick or treat”, che significa più o meno “dolcetto o scherzetto”, deriva dall'usanza dei Celti di lasciare cibo e latte fuori dalla porta, nella speranza di ingraziarsi gli spiriti ed evitare le loro malefatte.

A questa brividosa e lontana tradizione si affiancano leggende e riti della nostra terra. Quella più conosciuta, sempre legata alla notte di Ognissanti, è la leggenda dello Scorzamauriello.


Proviamo a saperne di più.



Lo scorzamauriello è una figura leggendaria, tipicamente ebolitana. La sua presenza è testimoniata dal 1400 e da allora si tramanda la sua leggenda, di nonno in nonno. Quando i bambini ebolitani si comportavano male venivano intimoriti con la frase” Fa o’brav senò chiame oscorzamaurielle” ovvero, “fai il bravo, altrimenti chiamo lo scorzamauriello”. 

A descriverlo è Carlo Levi, nel suo capolavoro Cristo si è fermato ad Eboli, che però non chiama scorzamauriello, ma bensì monachicchio:

« I monachicchi sono esseri piccolissimi , allegri, aerei: corrono veloci  qua e là, e il loro maggior piacere è di fare ai cristiani ogni sorta di dispetti. Fanno il solletico sotto ai piedi agli uomini addormentati, tirano via le lenzuola dei letti, buttano sabbia negli occhi, rovesciano bicchieri pieni di vino, si nascondono nelle correnti d’aria e fanno volare le carte, e cadere i panni stesi in modo che si insudicino, tolgono la sedia di sotto alle donne sedute, nascondono gli oggetti nei luoghi più impensati, fanno cagliare il latte, danno pizzicotti, tirano i capelli, pungono e fischiano come zanzare. Ma sono innocenti: i loro malanni non sono mai seri, hanno sempre laspetto di un gioco, e, per quanto siano fastidiosi non nasce mai nulla di grave. Il loro carattere è una saltellante e giocosa bizzarrìa, e sono quasi inafferrabili. Portano in capo un cappuccio rosso, più grande di loro: e guai se lo perdono: tutta la loro allegria sparisce ed essi non cessano di piangere e di desolarsi finchè non labbiano ritrovato».

Quello che dalle nostre parti, si chiama scorzamauriello, nella tradizione dunque, prende il nome di monachicchio. Invece, in quella napoletana è conosciuto come munaciello ovvero, piccolo monaco. Di questa figura leggendaria, ne parò tanto anche la scrittrice Matilde Serao

«Chiedete ad un vecchio, ad una fanciulla, ad una madre, ad un uomo, ad un bambino se veramente questo munaciello esiste e scorrazza per le case, e vi faranno un brutto volto, come lo farebbero a chi offende la fede. Se volete sentirne delle storie, ne sentirete; se volete averne dei documenti autentici, ne avrete. Di tutto è capace il munaciello »






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