Oggi fantaintervisteremo
Matilde Serao fondatrice del quotidiano “Il Mattino”.
Buongiorno
Matilde, grazie per aver accettato il mio invito. Quando e dove sei nata?
«Sono nata a Patrasso, in
Grecia, il 7 marzo 1856».
Chi
Sono i tuoi genitori?
«Sono nata da Francesco Serao e Paolina
Borely».
Quale
scuola superiore hai frequentato?
Ho frequentato l’Istituto
“E. Pimentel Fonseca”».
Per
quale giornale hai scritto bozzetti e novelle?
Ho scritto per il
giornale “Tuffolina”.
A
quale età hai scritto la tua prima novella?
L’ho scritta a 22 anni.
A
che età sei andata a Roma? Con quali giornali hai collaborato?
«Sono andata a Roma
quando avevo 26 anni ed ho collaborato con il giornale satirico – letterario Capitan
fracassa».
Raccontaci
la tua esperienza. Preferivi scrivere utilizzando uno pseudonimo oppure
preferivi firmare gli articoli con il tuo nome? Quali tipi di articoli hai
scritto?
«A Napoli, scrissi per la
rubrica "Api Mosconi e Vespe". Firmavo i miei pezzi con lo pseudonimo
Chiquita, poi con l'altro nomignolo Gibus, e infine, con la firma, stavolta, di
Snob. A Napoli, al contrario che a Roma, la rubrica fu accolta con entusiasmo,
e i salotti della città del golfo facevano a gara per avermi nei loro salotti.
Amavi
il tuo lavoro di giornalista? Ti gratificava scrivere per i gironali?
«Il mio lavoro al
giornale, mi serviva per poter vivere, per procurare alla mia famiglia il
necessario per vivere; ma io amo la letteratura, che pure non mi dà alcuna
entrata. Eppure io amo scrivere, voglio scrivere, perché sento che questa è la
mia vita».
Una
delle tue denunce ha colpito molto il popolo napoletano. Il gioco del lotto,
croce e delizia dei partenopei, viene messo sotto accusa anche nel tuo libro Il
Ventre di Napoli. Quali sono gli effetti della ludopatia?
«Non credete che il male
rimanga nelle classi popolari. No, no, esso ascende, assale le classi medie,
s'intromette in tutte le borghesie, in tutti i commerci, arriva fino
all'aristocrazia. Dove vi è una rovina finanziaria celata ma imminente, ivi il
giuoco del lotto prende possesso, domina. Il popolo napoletano, che è sobrio,
non si corrompe per l'acquavite, non muore di delirium tremens; esso si
corrompe e muore pel lotto. Il popolo napoletano rifà ogni settimana il suo
grande sogno di felicità, vive per sei giorni in una speranza crescente,
invadente, che si allarga, si allarga, esce dai confini della vita reale: per
sei giorni, il popolo napoletano sogna il suo grande sogno, dove sono tutte le
cose di cui è privato, una casa pulita, dell’aria salubre e fresca, un bel
raggio di sole caldo per terra, un letto bianco e alto, un comò lucido, i
maccheroni e la carne ogni giorno, e il litro di vino, e la culla pel bimbo e
la biancheria per la moglie e il cappello nuovo per il marito. dal portinaio
ciabattino che sta seduto al suo banchetto innanzi al portoncino, il contagio
del lotto si comunica alla povera cucitrice che viene a portargli le scarpe
vecchie da risuolare; da costei passa al suo innamorato, un garzone di cantina;
costui lo porta all'oste che lo dà a tutti gli avventori, i quali lo seminano
nelle case, nelle officine, nelle altre osterie, fino nelle chiese. La serva
del quinto piano, a destra, giuoca, sperando di non far più la serva; ma tutte
le serve, di tutti i piani... giuocano, tanto la cameriera del primo che ha le
trenta lire al mese, quanto la vajassa del sesto, che ne prende otto, con la
dolce speranza di uscir dal servizio, così duro; e si comunicano i loro numeri,
fanno combriccola sui pianerottoli, se li dicono dalle finestre, se li
telegrafano a segni. La moglie dello stagnino affogata dal fetore del piombo,
la lavandaia che sta tutto il giorno con le mani nella saponata, la venditrice
di castagne che si brucia la faccia e le mani al vapore e al calore del
fornello, la venditrice di noci che ha le mani nere sino ai polsi per l'acido
gallico».
Qual
è il libro che hai scritto a cui sei più legata? Ricevesti critiche’
«Il libro a cui sono più
legata è “Fantasia”, il mio primo romanzo, pubblicato nel
1883. Ebbe un buon successo di vendite e la mia popolarità di scrittrice
aumentò. Edoardo Scarfoglio, mi ha criticata tanto, distruggendo il libro e anche
me, come scrittrice. Sul Don Chisciotte Scarfoglio scrisse riguardo al mio
lavoro: «si può dire che essa sia come una materia inorganica, come una
minestra fatta di tutti gli avanzi di un banchetto copioso, nella quale certi
pigmenti troppo forti tentano invano di saporire la scipitaggine dell'insieme»
Criticò anche il linguaggio che avevo utilizzato definendolo «una miscela di
vocaboli dialettali italiani e francesi». Ma io credo, con la vivacità di quel
linguaggio incerto e di quello stile rotto, d'infondere nelle opere mie il
calore, e il calore non solo vivifica i corpi ma li preserva da ogni corruzione
del tempo».
Qual
è la frase che utilizzavi contro le persone nobili che ti schernivano?
«Quelle donne eleganti
non sanno che io le conosco da cima a fondo».
Antonio Pio Setaro
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